Malattia infiammatoria cronico-recidivante, la dermatite atopica (AD) è la manifestazione cutanea di una condizione immunologica complessa, l’atopia. La genesi multifattoriale del problema suggerisce un intervento altrettanto articolato nel quale anche l’alimentazione può avere un suo ruolo. Ne parliamo con il dottor Michele Pezza, medico – chirurgo specialista in Dermatologia e Venereologia, coordinatore regionale per la Campania dell’ISPLAD.

Come si manifesta la dermatite atopica

Secchezza eccessiva, prurito, chiazze arrossate e nelle situazioni più compromesse vescicole e ispessimenti, su viso, collo, torace, mani, piedi, polsi, caviglie e pieghe di gomiti e ginocchia, sono le manifestazioni visibili del problema. A queste si associa prurito intenso che nei casi più gravi può arrivare ad alterare il ritmo sonno-veglia e la qualità di vita del paziente.

Alla base della dermatite atopica

Esiste una predisposizione genetica che rende ipersensibili alle allergie e che si manifesta, oltre che sulla cute, anche sugli organi che hanno un rapporto con l’ambiente esterno come l’apparato respiratorio e quello gastroenterico. Le manifestazioni compaiono quindi per contatto nel caso della cute, per ingestione o inalazione.

Con una presenza tra il 10 e il 20% in età pediatrica e tra il 2 e il 5% negli adulti e una prevalenza di casi nei paesi industrializzati, la dermatite atopica ha come caratteristica di fondo la presenza congenita di una barriera epidermica difettosa, carente cioè di NMF tra cui lipidi epidermici e proteine come la filaggrina in grado di aggregare la cheratina dello strato corneo e rilasciare aminoacidi fondamentali perché la cute possa trattenere acqua e mantenere il corretto pH.

In presenza di una barriera alterata, la cute, una volta a contatto con sostanze estranee, scatena una reazione abnorme del sistema immunitario attivando la produzione eccessiva di anticorpi e aumentando la suscettibilità a infezioni cutanee, siano batteriche, virali o fungine.

Il ruolo dell’alimentazione nella dermatite atopica

Già agli albori degli studi sull’AD, nella prima metà del ‘900, è stato preso in considerazione il ruolo dell’alimentazione nella genesi e nell’aggravarsi delle manifestazioni cliniche. Questo ha portato inizialmente a sposare la tesi che potesse essere risolutiva la dieta ad eliminazione con esclusione di alimenti potenzialmente allergizzanti, in particolare frumento, uova e latte. Ad oggi sono ancora in molti a credere che l’AD sia causata da un’allergia alimentare e che le restrizioni dietetiche possano risolverla.

Non è così, anche se molti pazienti con dermatite atopica (il 40% dei neonati e dei bambini) manifesta una specifica allergia alimentare IgE-mediata. Le immunoglobuline prodotte in fase di allergia possono innescare o accrescere le manifestazioni dell’AD attraverso l’attivazione di mediatori cutanei dell’infiammazione e l’aumento del rilascio di istamina. In questo ambito una terapia dietetica personalizzata, esclusivamente su prescrizione medica, può essere di supporto. Può essere utile, in ogni caso, evitare cibi ricchi di istamina o comunque in grado di liberare istamina (formaggi, spinaci, vino rosso, pomodori, insaccati, cibi fermentati e in scatola, carni rosse grasse, frutti di mare, pesce conservato, crostacei, ananas, fragole, noci, nocciole, cioccolata, latte e uova).

Dalla gravidanza all’allattamento

Una letteratura ad oggi ancora insufficiente, nonché a tratti contraddittoria, impedisce di dare linee guida chiare su come indirizzare la dieta in caso di AD. Uno studio del 2022 pubblicato su Clinics in Dermatology ha esaminato nello specifico il ruolo delle abitudini alimentari nell’eziologia, nella prevenzione e nel trattamento dell’AD. Sulla base dei dati raccolti è emerso che le restrizioni in gravidanza e in allattamento sembrano non avere effetti protettivi sul successivo sviluppo di dermatite atopica.

Questo nonostante sia conclamato che i più comuni allergeni, proteine del latte vaccino, uova e arachidi, attraversino la barriera placentare e vengano secreti dal latte materno influenzando potenzialmente il sistema immunitario del bambino. L’analisi della letteratura suggerisce che neppure l’utilizzo di latte artificiale idrolizzato o il ritardare l’introduzione dei cibi solidi nella fase di svezzamento possano avere effetti benefici. Risulta invece avere un ruolo positivo l’allattamento esclusivo al seno per tre mesi considerata la ben documentata attività immunologica del latte materno.

Il ruolo degli acidi grassi essenziali nella dermatite atopica

Definiti essenziali perché non possono essere prodotti dall’organismo, ma devono essere assunti con l’alimentazione, gli acidi grassi essenziali hanno dimostrato avere effetti benefici sull’equilibrio cutaneo in particolare nel compensare le carenze di lipidi che determinano alterazioni della barriera cutanea. Tuttavia, anche il ruolo degli acidi grassi essenziali nella riduzione della sintomatologia da AD resta controverso e tuttora in discussione tanto da non poter raccomandare un’univoca strategia dietetica e di integrazione.

Occorre inoltre fare un opportuno distinguo. Gli acidi grassi Omega 6, che la dieta occidentale tende a fornire in eccesso, incrementano i processi infiammatori. In particolare, l’acido arachidonico, l’acido grasso Omega 6 più importante, aumenta le immunoglobuline E (IgE) e le citochine T helper 2 (pro-infiammatorie) attraverso l’attivazione dei mediatori dell’infiammazione, come la prostaglandina E2 che come risultato provoca sensibilizzazione agli allergeni e aumento dei processi infiammatori, con peggioramento dell’AD.

Al contrario gli Omega 3 possono contrastare gli effetti negativi dell’acido arachidonico e ridurre la concentrazione di mediatori infiammatori, modulando la produzione di IgE e riducendo la severità clinica dell’AD. Anche se al momento non ci sono studi clinici al riguardo, l’assunzione di Omega3 attraverso la dieta (ne sono ricchi pesce azzurro, noci e semi di lino) può portare alla riduzione dei processi infiammatori e delle reazioni allergiche ed essere quindi utile nei soggetti affetti da AD.

Gli acidi grassi saturi nella dermatite atopica

Alcuni studi hanno rilevato una maggior assunzione di grassi saturi in soggetti con AD rispetto ai soggetti sani. L’acido palmitico, l’acido grasso saturo più importante, può stimolare una risposta infiammatoria attraverso l’attivazione di alcuni recettori chiamati Toll-like receptor. Ne consegue il suggerimento, a scopo preventivo, di limitare gli alimenti con quantità elevate di acidi grassi saturi come prodotti lattiero-caseari, formaggi grassi, carni rosse e bianche grasse e i loro derivati, fritture, prodotti da forno industriali.

Gli acidi grassi a corta catena nella dermatite atopica

Prodotti da alcuni batteri intestinali, gli acidi grassi a corta catena (SCFA) modulano il microbiota intestinale e contribuiscono ad aumentare il benessere intestinale. Hanno inoltre spiccate proprietà antinfiammatorie e modulano positivamente il sistema immunitario, aumentando la secrezione di immunoglobuline “buone” come le IgA intestinali. Alcuni recenti studi hanno verificato che gli SCFA possono giocare un ruolo importante nello sviluppo e nella severità clinica di questa patologia: alimenti ricchi di fibre, frutta, verdura e legumi, favoriscono l’aumento di acidi grassi a corta catena con effetti benefici sull’AD.

Probiotici e dermatite atopica

Studi recenti hanno dimostrato che lo sviluppo dell’AD non è associato solo al microbiota cutaneo ma anche a quello intestinale. Quest’ultimo gioca infatti un ruolo chiave nelle malattie infiammatorie, comprese quelle cutanee come l’AD. L’asse “pelle-intestino” suggerisce come la modulazione del microbiota cutaneo possa essere anche conseguenza della modulazione del microbiota intestinale. Nonostante siano opportuni ulteriori approfondimenti, si ipotizza che il microbiota intestinale giochi un ruolo chiave nell’insorgenza e nella severità dell’AD. Studi scientifici hanno verificato un aumento della presenza di batteri ‘cattivi’ come Clostridia, Clostridium difficile, Escherichiacoli (E. coli) e S. aureus nei soggetti con AD rispetto alla popolazione sana e una diminuzione dei batteri “buoni” come Bifidobacteria, Bacteroidetes e batterioidi.

Lo squilibrio della flora intestinale (disbiosi) può avere quindi un ruolo importante nello sviluppo dell’AD, aumentando la permeabilità intestinale con conseguente attivazione della risposta immunitaria. Diversi lavori evidenziano la possibilità di agire sull’omeostasi cutanea con la somministrazione di probiotici per via orale. Sono comunque ad oggi limitate le evidenze scientifiche a supporto della supplementazione di probiotici. Alcuni studi ne sostengono l’efficacia, assunti nel terzo trimestre di gravidanza e in allattamento, più nella prevenzione che nella cura dell’AD. Resta comunque valida la raccomandazione di una buona assunzione di probiotici con alimenti come yogurt, kefir, crauti, miso, tempeh, kombucha e formaggi fermentati.

Vitamine e minerali nella dermatite atopica

Nutrienti essenziali che modulano molteplici funzioni biologiche, vitamine e minerali influenzano la salute della pelle. Nonostante i limitati studi sul ruolo di questi nutrienti nell’AD, sono stati registrati nei soggetti con AD bassi livelli di vitamine A, C, D nonché di magnesio rispetto ai soggetti sani. Alcuni studi hanno verificato come la supplementazione di vitamina E abbia migliorato l’AD. Da valutare in particolare il ruolo dello zinco che funge da cofattore enzimatico della filaggrina, proteina chiave per la barriera cutanea e coinvolta nella patogenesi dell’AD.

Nonostante non sia stato ancora chiarito il meccanismo per cui lo zinco avrebbe un ruolo protettivo nello sviluppo e nel progredire dell’AD, diversi studi hanno suggerito come un livello normale di zinco, fornito da carne, crostacei, noci e alcune verdure, abbia un ruolo protettivo contro lo sviluppo dell’AD. In conclusione, anche senza ricorrere a supplementazioni, si suggerisce un’alimentazione ricca di frutta e verdura per un adeguato apporto di vitamine e minerali.