Si sente sempre più spesso parlare di microbioma, anche in ambito dermatologico. Per capire di cosa si tratta, occorre fare un passo indietro. Ci sono trilioni di minuscoli esseri che abitano il corpo umano sotto forma di batteri, funghi e microbi. L’insieme di questi invisibili “inquilini” si chiama microbiota e denota un universo immenso di microrganismi “buoni” che convivono innocuamente con l’organismo senza funzione patogena, cioè senza provocare danni. Per microbioma si intende invece non solo l’insieme di questi microrganismi, ma anche il loro genoma e le interazioni con l’ambiente.

Una scoperta recente

ISPLAD - Mariuccia Bucci Presidente ISPLAD«Il termine microbioma è stato introdotto nel 2001 dal microbiologo Lederberg e ha dato il via, circa una decina di anni dopo, a un filone di studi volti a decifrare il ruolo protettivo di questi piccoli organismi nei confronti della salute umana», spiega Mariuccia Bucci, presidente Isplad. «A oggi i lavori scientifici pubblicati sono migliaia».
«Con le tecnologie di biologia molecolare, basate sul sequenziamento del Dna, si è potuto identificare le varie specie di batteri che vanno a popolare in modo specifico organi e tessuti», prosegue la dottoressa. Si stima che il corpo umano contenga 10 volte più cellule microbiche rispetto alle cellule umane: il peso totale dei batteri di un individuo può raggiungere l’1-3% del peso corporeo.

 

Il microbiota cutaneo

«Quello studiato per primo è stato il microbiota intestinale, che influenza altri organi come cervello e pelle. Quest’ultima, interfaccia tra il corpo e l’ambiente esterno, non solo funziona come barriera protettiva ma è essa stessa un substrato per molteplici comunità di batteri (pare ne abbiano isolate oltre 700 specie), differenziate in base alle aree cutanee. Funziona da vero e proprio mantello difensivo nei confronti delle aggressioni esterne: si parla quindi di microbiota cutaneo».

Questione di equilibrio

Il suo compito è stimolare in maniera naturale il sistema immunitario ma, per bloccare l’avanzata dei batteri nocivi pronti a colonizzare i tessuti cutanei, è essenziale che questa pellicola, definita biofilm, si mantenga stabile. Vari fattori possono alterarne l’equilibrio, come stress, clima, antibiotici o farmaci topici, dieta, abitudini igieniche, ma anche eccesso di sebo o disidratazione. Incidono anche la genetica, il sesso, l’età.

Quando il microbioma si altera

«Se questo ecosistema resta bilanciato, cioè nessuna specie prevale sulle altre, la pelle resta in buona salute», prosegue la dottoressa Bucci. «Se invece la composizione variegata del microbiota si altera nella sua diversità, si può scatenare una reazione di iperattività (maggior reazione agli stimoli) che nella pelle sana può scatenare sintomi come secchezza, prurito, rossore. In pelli predisposte, può anche sfociare in situazioni patologiche come dermatite, acne, rosacea». Analizzando i vari disordini cutanei, si è notato che quando un determinato ceppo microbico diventa prevalente e comincia a proliferare in modo incontrollato dominando sugli altri, si scatena la condizione patologica.

I microrganismi responsabili

«Per esempio nella dermatite atopica si è notato che durante gli stati di infiammazione aumenta lo Staphylococcus aureus», spiega Bucci, «mentre nell’acne l’alterazione nella composizione del microbiota riguarda la crescita del Propionibacterium acnes.
Nella rosacea il responsabile è il Demodex folliculorum. Nella psoriasi c’è una crescita combinata di Streptococchi, Stafilococchi, Corynebacteria e Propionibacteria. Nella dermatite seborroica aumenta la Malassezia. Nel soggetto affetto da queste patologie, la composizione del microbiota risulta diversa nelle aree soggette a lesioni rispetto alle zone di pelle sana.
Si è visto come, per esempio, nella pelle con dermatite atopica colonizzata con Stafilococco Aureus, lo squilibrio, detto disbiosi, causi il rilascio di tossine che danneggiano la barriera cutanea inducendo infiammazione».

La frontiera dell’integrazione

Un’integrazione di batteri “buoni”, assunti per bocca e/o sulla pelle, può rimodulare il microbiota. «I probiotici, microrganismi vivi ad azione benefica presenti in alcuni alimenti come lo yogurt con lactobacilli, il kefir, il miso, i formaggi fermentati o negli integratori alimentari, producono dei composti come l’acido lattico che agiscono sul pH alzando in modo naturale le difese contro gli agenti aggressivi», chiarisce l’esperta. «Inoltre producono potenti complessi antimicrobici, le batteriocidine, che impediscono l’adesione del patogeno alla pelle».

I batteri amici del microbioma

Nonostante l’elevata varietà di batteri testati, Staphylococcus, Streptococcus, Lactococcus, Lactobacillus ed Enterococcus sono quelli che hanno mostrato il più alto potenziale di controllo dell’acne, e Vitreoscilla filiformis, Staphylococcus epidermidis e specie di Lactobacillus e Bifidobacterium nel trattamento della dermatite atopica.

Probiotici e prebiotici

Una terapia topica a base di probiotici è l’opzione migliore, ma pone dei problemi di conservazione (i microorganismi, per restare vivi, vanno mantenuti in frigorifero) e di stabilità. Più semplice l’inclusione nei preparati cosmetici dei prebiotici (inulina, glucomannano, betaglucani), substrati che promuovono la crescita del microbiota. Trattandosi non di batteri vivi, ma di carboidrati di derivazione vegetale, per lo più fibre (barbabietole, asparagi, noci, tarassaco) che l’uomo non è in grado di digerire, possono facilmente essere utilizzati nei cosmetici.

Il meccanismo d’azione

I prebiotici nei prodotti destinati all’uso cosmetico agiscono alimentando la microflora fisiologica, quella dei batteri benefici, contrastando così la crescita di quelli nocivi. I vantaggi? «Una minore infiammazione durante le riacutizzazioni di malattia», conclude la specialista, «e la pelle vive uno stato più duraturo di benessere allontanando i tempi di ricomparsa delle recidive. Tuttavia, molti studi sul microbioma sono stati effettuati in vitro e andranno approfonditi».