Rigenerazione della pelleGuarire le ferite, trasformando le cellule presenti nelle lesioni stesse in nuova pelle sana. Sembrerebbe fantascienza ma è quanto suggerito dai ricercatori del Salk Institute for Biological Studies di La Jolla in California, che hanno scoperto come convertire direttamente le cellule delle ferite in nuove cellule cutanee.

Lo studio

Generalmente le ferite più profonde, come ulcere e ustioni, richiedono un intervento chirurgico, con un trapianto di pelle proveniente da altre parti del corpo per coprire l’area interessata. Tuttavia, quando la ferita è troppo estesa, risulta difficile reperire un quantitativo di pelle sufficiente a coprire l’intera zona. In situazioni del genere, è necessario ricorrere al trapianto di cellule staminali: vengono isolate cellule cutanee del paziente, che sono poi fatte crescere in laboratorio per essere in seguito trapiantate sulla pelle del malato. Si tratta però di un metodica dalle tempistiche lunghe.

Di recente, i ricercatori del Salk Institute hanno scoperto che per accelerare i tempi di guarigione di una ferita si può intervenire direttamente all’interno della lesione stessa, agendo sui cheratinociti basali, il tipo cellulare più abbondante nell’epidermide.


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Attraverso la nuova tecnica, è possibile riprogrammare i diversi tipi di cellule che formano la ferita e che sono coinvolti nel processo di infiammazione e di cicatrizzazione, trasformandoli in cheratinociti, pronti a rimpiazzare i precursori delle cellule cutanee persi a causa della lesione. I cheratinociti riescono così a ricostruire il tessuto, strato dopo strato.

L’approccio, testato sui topi, ha portato alla formazione di nuova pelle nell’arco di diciotto giorni. La pelle si è poi espansa fino a connettersi con quella circostante. A distanza di tre e sei mesi, le cellule rigenerate hanno mostrato un comportamento analogo a quello delle cellule sane, sia dal punto di vista cellulare sia da quello genetico e molecolare.

Il commento degli esperti

Secondo Juan Carlos Izpisua Belmonte, coordinatore della ricerca che è stata pubblicata su Nature, i risultati ottenuti “rappresentano una prima prova di principio della possibilità di rigenerare in vivo un intero tessuto tridimensionale come la pelle, e non solo singoli tipi di cellule come fatto in passato“.

Questo” – prosegue l’esperto – “potrebbe essere utile non solo a potenziare la capacità riparativa della pelle, ma anche a guidare in vivo le strategie rigenerative in varie situazioni patologiche dell’uomo, così come durante l’invecchiamento, fase in cui la riparazione del tessuto è compromessa”.

La scoperta racchiude tutte le potenzialità per mutare completamente il modo di trattare le ferite, ma gli stessi autori invitano alla prudenza, commentando: “Prima di passare alla fase clinica, dobbiamo fare ulteriori studi sulla sicurezza a lungo termine del nostro approccio e migliorarne il più possibile l’efficacia“.

Attendiamo, quindi, i futuri sviluppi.