Una precisazione è subito d’obbligo. «Il trattamento con PRP (plasma ricco di piastrine) non ha una valenza anticaduta» spiega la dottoressa Sandra Lorenzi, dermatologa Isplad. «Si tratta infatti di una metodica rigenerativa che funziona come un booster in grado di stimolare la ricrescita dei capelli. Se ne deduce, quindi, che la sua efficacia è condizionata, oltre che da una procedura corretta da parte dell’operatore, da una selezione attenta dei pazienti e dalla tempistica con cui viene effettuata».

PRP: in che cosa consiste la metodica

Per comprendere l’azione del PRP occorre partire dal ruolo che le piastrine rivestono nell’organismo. Frammenti di cellule presenti nel sangue, le piastrine, oltre ad essere preposte alla coagulazione in caso di sanguinamento, innescano importanti processi di riparazione e di ricrescita delle cellule danneggiate. Questo grazie alla loro capacità di rilasciare un’elevata quantità di fattori di crescita in grado di stimolare la proliferazione e la differenziazione cellulare. Il trattamento con PRP utilizza un plasma con una concentrazione di piastrine pari a 4-5 volte quella normalmente presente nel sangue, capace di stimolare attivamente le cellule staminali presenti nel bulbo capillifero favorendo la ricrescita dei capelli.

PRP: come si procede

«Si inizia con un normale prelievo di sangue al paziente» spiega la dottoressa Lorenzi. «La centrifugazione permette di separare la componente corpuscolata del sangue (globuli bianchi e globuli rossi) da quella liquida, il plasma dove si concentrano le piastrine che, opportunamente attivate, rilasciano i fattori di crescita. Il plasma arricchito in piastrine viene poi iniettato con aghi molto sottili nelle aree del cuoio capelluto interessate dal diradamento».

Variabili che incidono, anche in modo significativo, sull’efficacia del trattamento sono il volume di sangue, il metodo di centrifugazione, la presenza o meno dell’attivatore e la tipologia dell’attivatore utilizzato. A queste si aggiungono in fase di seduta la quantità di PRP iniettata, la profondità di iniezione e la distanza tra i siti di iniezione.

PRP: indicazioni di impiego della tecnica

«Non esiste attualmente un protocollo standardizzato di trattamento con PRP» spiega la dottoressa Lorenzi. «Questo evidenzia ancora di più l’importanza di selezionare con particolare attenzione le situazioni e i momenti in cui utilizzare la metodica per goderne a pieno dei benefici. Occorre innanzitutto ribadire che il PRP non ha funzione curativa sulla caduta ma rappresenta un valido supporto alla ricrescita. Trova quindi la prima indicazione d’uso in tutti i casi di telogen effluvium, qualunque sia la ragione che possa averlo provocato».

Numerose sono infatti le cause che possono determinare un indebolimento e una conseguente caduta del capello. Alle classiche, stagionalità, diete drastiche, post-partum, stress emotivo, si è aggiunta di recente l’infezione da SARS-CoV-2 che, secondo i dati raccolti, ha prodotto come effetto secondario una caduta dei capelli immediata o tardiva in più del 30% dei malati. «La caduta temporanea ha in genere una risoluzione spontanea: il PRP interviene nella fase finale per stimolare la ricrescita così da accelerare la ripresa di densità e volume della capigliatura» conclude la dermatologa.

PRP: anche per l’alopecia androgenetica

In una recente revisione della letteratura è stato verificato che sette studi su nove hanno riportato un aumento significativo della densità dei capelli in soggetti affetti da alopecia androgenetica a seguito di trattamento con PRP. «La metodica ha grande valore anche nelle situazioni di alopecia androgenetica ma solo se utilizzata in casi selezionati e nelle giuste tempistiche» precisa l’esperta. «Occorre infatti individuare prima le cause del problema e intervenire con terapie topiche e farmacologiche così da bloccare la caduta. Solo in seconda battuta, a completamento del quadro di trattamento, ci si può affidare al PRP per stimolare la ricrescita.

In alcuni casi selezionati si può decidere di impiegare la metodica nelle fasi iniziali della caduta, in quel lasso di tempo che in genere serve per decidere se ricorrere o meno alla terapia farmacologica. In ogni caso non è assolutamente opportuno intervenire con il PRP nel momento in cui i capelli cadono copiosamente. Oltre a non arrestare la caduta, c’è il rischio che lo stress provocato dall’ago determini una condizione di peggioramento del quadro clinico».

PRP: modalità di impiego

«Gli effetti del PRP sono progressivi e raggiungono il picco dopo 3-4 sessioni eseguite a cadenza mensile» spiega la dottoressa Lorenzi. «Occorre poi lasciare ai capelli il giusto tempo di ricrescita: per questo è consigliabile un controllo dopo sei mesi dal termine del ciclo di trattamento. Un paio di sedute all’anno sono sufficienti in funzione di mantenimento».

In conclusione

La metodica con PRP rappresenta un valido supporto nel favorire la ricrescita dei capelli in caso di telogen effluvium e di alopecia androgenetica, alopecia areata in chiazze escluse quella totale e universale. Una revisione della letteratura segnala che su 14 studi non è stato riportato nessun caso di eventi avversi.

«Si tratta di una metodica sicura, che può essere suggerita anche in allattamento per fronteggiare l’indebolimento che può accompagnare il post-partum» conclude la dermatologa. «Le iniezioni possono provocare un lieve dolore che in alcuni casi può persistere per alcuni giorni attenuandosi progressivamente. Anche eventuali piccoli ematomi provocati dall’ago presentano tempi brevi di risoluzione».