Qualora l’intervento medico abbia uno scopo prettamente estetico, il consenso del paziente deve formarsi non solo in ordine ai rischi dell’intervento ed alle tecniche prescelte, ma anche in merito al risultato estetico che da esso scaturirà, non potendo essere in ogni caso lasciata al sanitario la scelta sull’opzione esteticamente preferibile.

Oggi vi segnalo un’ordinanza della Corte di Cassazione (la n. 29827 del 2019) in tema di consenso informato relativo ad interventi di natura estetica che, pur concernendo un caso di mastoplastica, pone principi applicabili ad ogni intervento medico – chirurgico e non – avente finalità estetiche, inclusi gli interventi dermatologici.

Il caso

Due signore madre e figlia – si rivolgono al professionista di fiducia per migliorare l’aspetto estetico del seno.

Il medico consiglia loro di sottoporsi ad intervento chirurgico ma, in assenza di valido e preventivo consenso informato, procede all’esecuzione su entrambe di interventi di mastoplastica, con inserimento ad una di esse di protesi, peraltro con esito negativo. Le pazienti agiscono dunque in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni subiti.

Il Tribunale rigetta le domande delle pazienti, ma la Corte d’Appello sovverte l’esito del giudizio di primo grado e condanna il chirurgo al pagamento di circa Euro 99.000,00 a favore dell’una e di Euro 111.000,00 a favore dell’altra per violazione delle regole sul consenso informato e realizzazione erronea degli interventi.

Vediamo qual è l’esito del ricorso del medico in Cassazione.

Prestazione di natura estetica? Il risultato previsto va valutato con il paziente

Negli interventi medici aventi natura estetica, il miglioramento dell’aspetto del paziente acquista un particolare significato nel quadro dei doveri informativi cui è tenuto il sanitario, perchè soltanto in questo modo il paziente è messo in grado di valutare l’opportunità o meno di sottoporsi all’intervento.

Gli interventi medico-estetici sono frequentemente – ancorché non sempre – interventi non necessari, che mirano all’eliminazione di un inestetismo prettamente estetico e che, come tali, devono essere oggetto di un’informazione puntuale e dettagliata al paziente in ordine ai concreti effetti migliorativi del trattamento proposto. Sotto questo profilo, le caratteristiche e le finalità di questi trattamenti impongono un’informazione completa proprio in ordine all’effettivo conseguimento del miglioramento fisico e – per converso – ai rischi di possibili peggioramenti della condizione estetica.

La necessità di una informazione puntuale, completa e capillare è funzionale alla delicata scelta del paziente: se rifiutare l’intervento o accettarlo correndo il rischio del peggioramento delle sue condizioni estetiche (così la Cass. Civ., n. 12830 del 6 giugno 2014).

Ma anche se ci sono scelte esteticamente alternative dev’essere il paziente a scegliere

Nel caso in commento, al di là degli eventuali errori concernenti le modalità esecutive degli interventi, la Cassazione ha ritenuto in particolare stigmatizzabile la scelta del chirurgo di non ottenere preventivamente il consenso consapevole delle pazienti in merito al risultato estetico prefissato:

il (…) confonde il danno da lesione alla salute con la lesione del diritto ad esprimere, prima di un’operazione, un consapevole consenso informato ed omette anche di considerare la particolarità della chirurgia estetica, in cui il consenso deve formarsi non solo in ordine ai rischi dell’intervento ed alle tecniche prescelte, ma anche in ordine al risultato estetico che da esso scaturirà, non potendo essere in ogni caso lasciata al sanitario la scelta sulla opzione esteticamente preferibile, che è scelta estremamente privata e riservata del paziente”.

Ciò che viene contestato al medico in questione è, appunto, il fatto che egli non avesse ritenuto suo dovere comunicare ad una delle pazienti che le avrebbe inserito una protesi additiva del seno, ovvero un corpo estraneo, e che gli interventi avrebbero comportato un aumento di taglia del seno, non necessario e pacificamente evitabile con l’utilizzo di una diversa tecnica chirurgica migliorativa dell’aspetto estetico.

Al di là di quelle che possano essere le scelte ritenute preferibili dal sanitario, il paziente deve sempre essere messo in posizione di scegliere: e ciò è particolarmente valido quando le scelte da compiere concernano i risultati estetici auspicati dallo stesso e le modalità per conseguirli.

L’esecuzione di un intervento non espressamente consentito dal paziente costituisce lesione della sua integrità psicofisica

È inoltre del tutto evidente, osserva la Corte, che l’esecuzione da parte del sanitario di una operazione diversa da quella espressamente consentita dal paziente, quale che sia la tecnica utilizzata con modalità più o meno corrette, indica di per sé non solo un inadempimento contrattuale del medico, ex art. 1218 c.c., ma anche la lesione dell’integrità psicofisica del paziente ai sensi dell’art. 2043 c.c., sottoposto ad un inutile rischio chirurgico e costretto in seguito a rioperarsi per eliminare l’effetto estetico non scelto ed anzi indesiderato.

Per approfondimenti sul tema odierno, si veda anche il mio precedente postLa responsabilità del medico per interventi estetici”.

Per concludere

Sulla base di quanto precede, la Corte ha rigettato il ricorso del medico e che ha posto a carico dello stesso le spese del giudizio anche delle controparti, oltre che a condannarlo al versamento alla Cassa delle Ammende di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Scarica la sentenza

Avv. Elena Bassan

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