Il medico specializzando gode di un’autonomia che, seppur vincolata, non può che ricondurre allo stesso le attività da lui compiute; e se lo specializzando non è (o non si ritiene) in grado di compierle deve rifiutarne lo svolgimento perché diversamente se ne assume tutte le responsabilità.

Oggi vi segnalo una sentenza della Corte di Cassazione (Cassazione Civile, Sez. III n. 26311 del 19 ottobre 2019) che concerne il tema del perimetro della responsabilità professionale del medico specializzando e che, pur riferendosi specificamente ad un caso ginecologico, appare di interesse trasversale per tutti i professionisti medici.

Il caso

Una signora in stato di gravidanza viene sottoposta ad amniocentesi da parte del medico di fiducia presso una clinica privata. Il giorno seguente il medico parte per gli Stati Uniti e la signora, a seguito della comparsa di perdite di liquido amniotico, si rivolge al medico specializzando in ginecologia operante presso la stessa clinica indicatole come sostituta in caso di eventuali complicazioni.

Quest’ultima si limita a prescrivere alla paziente delle iniezioni di gestone, ma senza beneficio; a seguito di perdite ematiche ed insorgenza di febbre, la paziente viene ricoverata d’urgenza e sottoposta ad aborto, con peggioramento dello stato di salute fino a gravissimo shock settico, al quale seguirà la perdita della capacità di procreare e, nonostante i trapianti di rene eseguiti, un’insufficienza renale cronica.

La paziente instaura dunque una causa contro la clinica e tutti i medici coinvolti nella questione per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti.

Il Tribunale rigetta la domanda.

L’esito del grado d’appello

La Corte d’Appello, a seguito di nuova consulenza tecnica, accoglie il ricorso della paziente.

Secondo la Corte, è palese la negligenza del medico specializzando operante in sostituzione la quale, pur essendo dotata delle cognizioni per desumere dai sintomi riferiti che si erano verificate delle complicanze dell’amniocentesi, anziché prescriverle l’immediato controllo ecografico, una terapia antibiotica a largo spettro ed il ricovero in una struttura adeguata, si era limitata a prescriverle il solo gestone, determinando così l’aborto settico e le gravissime conseguenze derivatene.

L’amniocentesi, d’altro canto, era stata eseguita correttamente dal ginecologo di fiducia della paziente ma quest’ultimo – in qualità di libero professionista allo scopo incaricato in forza di contratto – era tenuto a rispondere dell’attività dei suoi ausiliari e collaboratori, ai sensi dell’art. 2232 c.c., e dunque anche dell’attività della specializzanda che era stata indicata alla paziente quale sostituta cui rivolgersi.

Infine, la Casa di Cura non avrebbe dovuto accettare il ricovero, non essendo in grado di fronteggiare la situazione d’emergenza, essendo piuttosto obbligata a mettere in atto il trasferimento della paziente con tempestività presso strutture più adeguate.

Sulla base di quanto precede, la Corte d’appello condanna la Casa di Cura, il ginecologo e la sua sostituta, in solido tra loro, al pagamento a favore della paziente della somma di Euro 3.543.190,00 oltre ad interessi legali.

Vediamo qual è l’esito dei ricorsi in Cassazione.

La responsabilità dell’obbligato principale per gli atti dei collaboratori…

Secondo la Cassazione, innanzitutto, è del tutto irrilevante – al fine dell’affermazione della responsabilità del ginecologo di fiducia della paziente per gli errori della sua sostituta – che la specializzanda in questione non fosse formalmente una dipendente del medico, posto che l’art. 2231 c.c. – a differenza dell’art. 2094 c.c. in caso di prestazione di lavoro subordinato – non prevede tale requisito.

La norma prevede che il debitore, nell’adempimento dell’obbligazione di diligenza professionale, possa avvalersi di sostituti o ausiliari sotto la sua direzione. La nozione di “direzione” non fa riferimento a una particolare forma di vincolo intercorrente fra professionista e sostituti… ma alla collaborazione di altri nell’esecuzione della prestazione sotto la direzione del (medico, N.d.R.) debitore, che resta l’interlocutore del (paziente, N.d.R.) committente, il quale ha affidato a lui personalmente l’incarico, ed il soggetto obbligato ex contractu”.

I sostituti e collaboratori del medico libero professionista dunque non devono essere necessariamente lavoratori subordinati alle dipendenze dello stesso affinché questi possa essere chiamato a rispondere dei loro eventuali errori.

… e la responsabilità del medico specializzando

Con riferimento alla responsabilità del medico specializzando, la Cassazione si richiama alla sua giurisprudenza penale e ribadisce innanzitutto che

“il medico specializzando non è presente nella struttura per la sola formazione professionale, né lo specializzando può essere considerato un mero esecutore d’ordini del tutore”.

D’altra parte, se è innegabile che anche per lo specializzando

“un’autonomia … non può essere disconosciuta, trattandosi di persone che hanno conseguito la laurea in medicina e chirurgia” .

non si tratta tuttavia di un’autonomia piena, essendo ancora in corso la formazione specialistica, bensì di un’attività caratterizzata da limitati margini di autonomia, che viene svolta sotto le direttive del tutore.

I limiti all’autonomia dello specializzando non sono tuttavia tali da esimerlo da responsabilità qualora lo stesso accetti o si sobbarchi un incarico senza essere in grado di eseguirlo:

“Tale autonomia, seppur vincolata, non può che ricondurre allo specializzando le attività da lui compiute; e se lo specializzando non è (o non si ritiene) in grado di compierle deve rifiutarne lo svolgimento perché diversamente se ne assume le responsabilità”.

Si tratta insomma di un’ipotesi di c.d. “colpa per assunzione”, ravvisabile in chi cagiona un evento dannoso essendosi assunto un compito che non è in grado di svolgere secondo il livello di diligenza richiesto all’agente modello di riferimento.

Per concludere

Anche al medico specializzando, dunque, si richiede uno specifico onere di diligenza per le attività svolte, con la conseguenza che ogni incarico accettato implicherà l’assunzione delle responsabilità relative, tanto sotto il profilo civile che penale.

Alla luce di quanto precede, i vari ricorsi sono stati rigettati o dichiarati inammissibili e la sentenza del grado d’appello confermata, ritenendo tuttavia sussistere validi motivi per compensare le spese del giudizio.

Scarica la sentenza

Avv. Elena Bassan

Ci aggiorniamo presto con un nuovo, interessante argomento!

 

Nel frattempo resta collegato e iscriviti alla newsletter per non perdere i prossimi aggiornamenti.