All’ 80° Congresso internazionale dell’American Academy of Dermatology (AAD), che si è svolto a Boston a fine marzo scorso, sono emerse alcune importanti novità. All’interno del ricco programma di interventi, grande attenzione è stata riservata alla fotodermatologia.

«Il meeting AAD è stata l’occasione per incontrare i colleghi americani e porre le basi per una sinergia che porterà ad organizzare corsi di formazione, eventi internazionali, studi e ricerche in fotodermatologia» spiega Giovanni Leone, direttore del Dipartimento di Dermatologia dell’Ospedale Israelitico di Roma, e presidente della Società Europea di Fotodermatologia (ESPD), volato a Boston insieme al collega Andrea Paro Vidolin, dermatologo membro del Consiglio Direttivo Isplad e Responsabile del Centro di Fotodermatologia e Cura della Vitiligine dell’Ospedale Israelitico di Roma.

Grandi novità per la cura della vitiligine

Al Congresso dell’AAD si è parlato di vitiligine, in particolare di una molecola ad uso topico, ruxolitinib, che sta dando risultati molto promettenti. Gli studi sono attualmente in fase III e l’autorizzazione da parte dell’FDA è imminente. Ma un’altra arma si sta affilando contro questa patologia: si tratta di un device, chiamato Recell, utilizzato finora nelle ustioni, che serve a isolare i melanociti da trapiantare poi nella chiazze di vitiligine ed eseguire così il trapianto autologo di sospensione cellulare nella vitiligine.

«Alcuni nostri pazienti verranno reclutati per uno studio multicentrico sull’utilizzo di Recell, che in alcune ricerche preliminari, ha dato risultati eccellenti» puntualizza Paro Vidolin. «Sempre nell’ambito della fotodermatologia applicata alla vitiligine, sono state presentate nuove apparecchiature per la microfototerapia che emettono UVB a banda stretta a luce fredda e sono sempre più efficaci e sicure».

Una app per la terapia fotodinamica

Un’altra importante novità, di forte interesse per i pazienti, è stata presentata dal dottor Giovanni Leone. «Si tratta di un’applicazione da installare nel proprio smartphone e che serve a misurare la quantità di luce solare assorbita dalla pelle durante la Day Ligth Phototerapy, una variante più “soft” della tradizionale terapia fotodinamica (PDT)» spiega lo specialista. «Con la nuova app, prodotta da un’azienda inglese e nata sotto l’egida della Società Europea di Fotodermatologia e il coordinamento del Centro di Fototerapia di Roma, il paziente saprà esattamente per quanto tempo esporsi senza il rischio di esagerare. Inoltre Il medico avrà tutte le indicazioni sulla quantità di luce ricevuta dal paziente, così la terapia risulta di più facile gestione».

JAK inibitori e farmaci biologici: i protagonisti dell’AAD

Al congresso dell’AAD si è parlato poi delle nuove terapie a base di JAK inibitori per patologie dermatite atopica (come ubadacitinib) e alopecia areata (bariticinib). Si tratta di cure molto promettenti, alcune già approvate, e tutti gli studi sono in fase avanzata. «Un’altra classe di farmaci argomento del meeting sono stati i farmaci biologici» puntualizza Paro Vidolin. «Rispetto a quelli di prima generazione, oggi questo tipo di medicinali sono sempre più selettivi. Agiscono in modo altamente specifico con la corrispondente molecola bersaglio e questo garantisce un elevata efficacia e minori effetti collaterali».

Uno studio di real life ha mostrato che i pazienti con psoriasi a placche da moderata a grave trattati con l’anticorpo monoclonale tildrakizumab hanno ottenuto un miglioramento significativo della malattia. Ancora: secondo i risultati del programma ADvocate di fase III presentati al congresso AAD, pazienti affetti da dermatite atopica e trattati in monoterapia con l’anticorpo monoclonale sperimentale lebrikizumab, hanno ottenuto un’importante riduzione della gravità delle lesioni cutanee e del prurito, abbinati a un favorevole profilo di sicurezza.

Batteri buoni per la psoriasi

Al Congresso AAD, è stata presentata una terapia sperimentale che ha dato buoni risultati in pazienti con psoriasi lieve o moderata. Si tratta di un ceppo non vivente incapsulato di Prevotella histicola, chiamato EDP1815, ossia un batterio intestinale. Dopo una somministrazione di 16 settimane, il 25-31,9% dei pazienti ha ottenuto una riduzione di almeno il 50% dello Psoriasis Severity and Area Index (PASI 50) , rispetto al 12,1% del placebo.

Dopo 24 settimane, una volta terminato il trattamento, tra i 30 pazienti con risposte PASI 50 a 16 settimane, 18 (60%) hanno avuto risposte PASI ≥50. Altri pazienti con risposte PASI 50-74 alla settimana 16, nove (45%) hanno ottenuto risposte PASI ≥75 e diversi partecipanti hanno avuto un ulteriore miglioramento, raggiungendo risposte PASI 100. Douglas Maslin, il primo autore dello studio, ha affermato all’AAD che il feedback positivo ricevuto dai pazienti indica l’apprezzamento verso una terapia non farmacologica. Senza contare che il profilo di sicurezza di EDP1815 non si è rivelato diverso dal placebo negli oltre 500 pazienti a cui è stato somministrato.