Patologia infiammatoria dell’unità pilo-sebacea, ad andamento cronico-recidivante, l’acne resta uno dei disturbi dermatologici più comuni in età adolescenziale. Questo nonostante siano in aumento i casi di acne tardiva che interessa per lo più donne, dai 20 ai 40 anni. Papule, pustole e comedoni, su viso, spalle, petto e dorso, sono le manifestazioni classiche della malattia a cui si affiancano le cicatrici che ne rappresentano la principale complicanza.

E se convivere con l’acne può essere difficile, per l’impatto che la malattia può avere sulla vita personale e sociale, ancora più complesso è ritrovarsi con segni e cicatrici più o meno visibili. Ne parliamo con la dottoressa Marina Romagnoli che, oltre a far parte del Comitato scientifico, è membro del direttivo Isplad.

Cosa sono le cicatrici da acne

La patologia acneica è caratterizzata da uno stato infiammatorio, a volte non visibile clinicamente. Se questa condizione di infiammazione perdura a lungo, raggiungendo gli strati più profondi della cute, la pelle non è più in grado di rigenerarsi correttamente. Le lesioni infiammatorie dell’acne lasciano così il posto ad un tessuto granuloso costituito da fibre di collagene patologiche. Anche nel caso in cui la lesione acneica guarisca, il tessuto resta comunque visibile dando luogo alla formazione di una cicatrice.

Una ulteriore conferma del fatto che la prevenzione e l’intervento tempestivo rimangono la strategia più efficace per evitare il formarsi di segni permanenti. Se curate tempestivamente e nel modo corretto, infatti, le lesioni non lasciano tracce visibili dal momento che la cute, soprattutto in giovane età, ha la capacità di rigenerarsi rimediando naturalmente ai danni provocati dalle manifestazioni acneiche. La cura tempestiva, in ogni caso, è sicuramente efficace ma non azzera il rischio che, soprattutto per questioni genetiche, la cute rimanga segnata a seguito delle lesioni acneiche.

Le diverse tipologie di cicatrici da acne

Durante l’esame obiettivo le cicatrici vengono valutate e classificate in base alla morfologia e alla gravita complessiva.

Atrofiche. Le più comuni, si sviluppano quando una lesione non guarisce completamente e l’organismo non produce sufficiente tessuto connettivo per riempire il piccolo avvallamento che si è venuto a creare. Per quanto piccoli, gli avvallamenti, di forma rotonda, quadrangolare o triangolare, risultano ben visibili e se in numero consistente danno alla pelle il caratteristico aspetto butterato.

Ipertrofiche. Al contrario delle cicatrici atrofiche, appaiono in rilievo sulla pelle. Dure e sollevate, possono avere forma tondeggiante a cupola oppure allungata, in alcuni casi di colorito rosso violaceo, pruriginose e persino dolenti. Compaiono più di frequente sulla mandibola, i lobi auricolari, il collo, il décolleté, la nuca e le spalle.

Cheloidali. Rientrano nella categoria delle cicatrici rilevate sul piano cutaneo e sono dovute a lesioni profonde e a predisposizione genetica. Sono più frequenti nei soggetti giovani e nelle pelli scure (fototipi 5-6). La loro caratteristica è quella di accrescere nel tempo debordando dai margini originali della lesione. In rilievo, di colore rosso-viola appena formate e poi opache, sono le cicatrici più difficili da trattare. Solo occasionalmente però sono dovute all’acne.

Come intervenire

L’intervento si modula in base alla tipologia di cicatrice, tenendo conto in modo particolare della profondità. È dalle caratteristiche di partenza della cicatrice che dipende per altro il maggior o minor successo dei trattamenti adottati.

In caso di cicatrici molto superficiali

Quando le cicatrici hanno bordi poco definiti e si possono distendere e minimizzare tra le dita di una mano (cicatrici a M) sono maggiori le probabilità che la loro visibilità diventi minima, se non nulla. Queste tipologie di cicatrice possono essere trattate con diversi tipi di trattamenti. I peeling con acido glicolico e acido salicilico combinati con TCA sono in grado di generare un’esfoliazione accelerata e una stimolazione del processo di rinnovamento dermico di cui beneficia anche l’area interessata dalla cicatrice.

Possono anche essere combinati con altre procedure per ottenere risultati clinici migliori. Valutando caso per caso, si possono trattare le cicatrici anche con le luci led, gli infrarossi e le luci gialle e blu, utili anche in presenza di acne attiva.

Se le cicatrici sono consolidate

I migliori risultati vengono assicurati dalla laserterapia con laser frazionale: il fascio di energia emesso permette, infatti, di trattare con estrema precisione anche le cicatrici più critiche. La sessione di trattamento, l’intervallo e i parametri vanno personalizzati per ciascun paziente. Spesso un solo trattamento non è sufficiente ma occorre ripetere le sedute che, pur portando a risultati visibili, non sempre conducono alla totale regressione della cicatrice.

Con le tecnologie laser CO2, Pico, Erbium Glass frazionali si possono trattare anche cicatrici più difficili come quelle a U (tipiche della varicella), a V e a punteruolo, le più complesse. Il trattamento non comporta la necessità di astensione dalla vita sociale; non provoca in genere dolore anche se nei casi di maggior sensibilità si opta per l’applicazione, un’ora prima della seduta, di una crema anestetica. Nei giorni successivi possono comparire rossore e gonfiore che è possibile camuffare con un leggero make-up. Resta tassativo il divieto di esporre la parte ai raggi solari per almeno 2/4 settimane.

La terapia biofotonica per lesioni e cicatrici

Detta anche Fluorescent Light Energy, si configura come una delle scelte più innovative sia nella cura delle lesioni infiammatorie così da prevenire esiti cicatriziali, sia nel trattamento delle cicatrici già presenti. La terapia biofotonica deriva dal campo biofotonico che prevede l’interazione tra fotoni e processi biologici cutanei. Utilizza una lampada brevettata multi-Led associata a un gel fotoconvertitore. Le particelle cromofore presenti nel gel applicato sulla cute reagiscono appena entrano in contatto con le onde luminose producendo energia dinamica, pulsante e fluorescente che aiuta a stimolare l’attività cellulare accelerando i processi riparatori.

Risulta diminuito lo stato infiammatorio e vengono eliminati i batteri responsabili dell’acne, in particolare il Propionibacterium acnes, batterio naturalmente presente sulla cute che, in caso di produzione eccessiva di sebo e chiusura del follicolo sebaceo, genera un’infiammazione responsabile della formazione di comedoni, papule e pustole. Inoltre, la terapia biofotonica normalizza l’attività cellulare riducendo la produzione sebacea con effetti positivi diretti sulle lesioni.

Incentiva infine la produzione di collagene innescando un meccanismo di riparazione e rigenerazione della cute in grado di minimizzare le cicatrici. L’indiscusso vantaggio della metodica è quello di non creare nessun tipo di disagio: non è dolorosa, né durante né dopo la seduta, e non comporta esclusione dalla vita sociale. Può provocare solo un temporaneo rossore e nei fototipi più scuri una lieve pigmentazione comunque transitoria.

I protocolli previsti dalla terapia biofotonica

Nel caso dell’acne vi sono tre diversi protocolli che prevedono da 2 a 1 seduta settimanali per un totale di 12 o 6 sedute. I benefici del ciclo di trattamenti e il miglioramento del quadro clinico proseguono oltre le 30 settimane dal termine delle sedute. Nella nostra esperienza, ormai di diversi anni, il paziente sottoposto al ciclo, se privo di squilibri ormonali sistemici, non sperimenta il classico peggioramento autunnale dell’acne.

 


 

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