Il nevo di Becker è una condizione cutanea caratterizzata da ipermelanosi e ipertricosi a disposizione unilaterale, a patogenesi ignota (1), che comincia nell’età giovanile e persiste a tempo indefinito.
Per quanto sia una formazione benigna, la sua rimozione è richiesta per ragioni estetiche ed è divenuta possibile recentemente in seguito alla introduzione della laserterapia.
E’ con l’avvento dei laser q-switch, infatti, cioè con laser in grado di lavorare nel range dei nanosecondi e in grado quindi colpire selettivamente i melanosomi, che si comincia a parlare del trattamento del nevo di Becker senza intervento chirurgico. Nel 1998 Raulin ed altri (2) descrissero l’efficacia del laser q-switch a rubino nel trattamento di questa formazione con un numero di sedute dalle tre alle dieci da effettuarsi a cadenza mensile, rilevando comunque la possibilità di ipo e iperpigmentazioni come effetto collaterale. Essendo il laser q-switch poco efficace nella rimozione del pelo a lungo termine, la depilazione contestuale veniva affidata ad un sistema di luce pulsata. Ancora prima era stata riportata l’efficacia di questo laser (3) nel trattamento delle formazioni pigmentate cutanee, con un a leggera prevalenza del q-switch rubino rispetto al neodimio yag.
E’ sempre del 1998 un fondamentale articolo della Alster (4) sul trattamento del nevo di Becker con il laser rubino non q-switch ma ad impulso lungo. L’autrice in questo articolo descrive il trattamento del nevo di Becker partendo non dalla eliminazione del pigmento ma da quella del pelo. Poiché tuttavia il target del laser a rubino nella depilazione è la melanina, l’effetto collaterale descritto della laser-depilazione, cioè l’ipopigmentazione viene considerata come il mezzo per ottenere nello stesso tempo anche la riduzione del pigmento. Dopo tre sedute venivano osservati brillanti risultati sia nella riduzione del pelo che della pigmentazione. Pur non essendo stato usato un laser selettivo, non vengono descritti esiti cicatriziali indesiderati.