In ipotesi di omessa diagnosi di melanoma che avrebbe comunque avuto un esito mortale per il paziente, resta fermo il diritto di quest’ultimo ad una corretta diagnosi e ad una corretta informazione che lo metta nella condizione di configurare la propria vita sulla base di una reale visione della sua evoluzione biologica.

La violazione del suddetto diritto da parte del medico, anche per colpa, è un illecito in sé e va risarcito in ogni caso.

 

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Oggi esaminiamo i possibili profili di responsabilità del dermatologo in caso di omessa diagnosi di melanoma, con specifico riferimento al caso in cui si tratti di malattia particolarmente aggressiva, che in ogni caso avrebbe avuto esito infausto per il paziente.

Il caso

Nel corso di una periodica visita dermatologica per il controllo dei nevi, una signora richiama l’attenzione della specialista di fiducia su una neoformazione posta sul capo, che recentemente ha iniziato a sanguinare.

La dermatologa esamina visivamente la formazione e conclude per la natura cheratosica della stessa, senza procedere a verifiche particolari o prescrizioni in merito.

Circa quattro mesi dopo, la paziente si sottopone a nuova visita dermatologica in altra struttura, presso la quale viene invece immediatamente sottoposta a biopsia. L’esito dell’esame è drammatico: la formazione è in realtà un melanoma nodulare a sviluppo verticale, ulcerato, già penetrato negli strati inferiori del derma per lo spessore di 8 mm, già allo stadio T4.

La diagnosi viene resa nota all’inizio dell’estate e la rimozione chirurgica è immediata; segue un periodo di latenza della malattia, ma qualche mese dopo vengono rilevate metastasi cerebrali. Inutili tutte le terapie tentate: la paziente decederà nell’arco di un anno.

I figli della stessa – di cui uno minore -, i genitori e la sorella della paziente incardinano una causa contro la prima dermatologa, ritenendo che una corretta e tempestiva diagnosi ed exeresi chirurgica del melanoma avrebbe permesso alla paziente di guarire o comunque ne avrebbe garantito una più lunga e migliore sopravvivenza. Vediamo qual è stata la decisione del Tribunale nel caso in commento.

Una posizione tranchant

L’esito della consulenza tecnica d’ufficio disposta dal Tribunale è tranchant: il ritardo imputabile all’omessa diagnosi del melanoma da parte della dermatologa non avrebbe avuto alcun rilievo causale rispetto alla morte della paziente.

In altri termini, in base alla natura del melanoma successivamente accertata, l’anticipazione della diagnosi e della terapia non avrebbe mutato la progressione o l’esito della malattia: un’eventuale negligenza diagnostica del medico sarebbe insomma stata del tutto irrilevante.

Il Tribunale esclude pertanto la ricorrenza di un danno parentale (cioè per perdita del loro caro) nonché degli altri danni eventualmente connessi (perdite patrimoniali conseguenti all’anticipato decesso, danno morale etc.) in capo agli attori, che avrebbero presupposto la morte della paziente a causa di negligenza medica.

Resta però aperto il quesito se l’omessa diagnosi di una patologia destinata ad avere un esito comunque mortale per il paziente possa ad ogni modo configurare un inadempimento del medico e dare origine ad altri tipi di danni risarcibili.

 

La prestazione sanitaria configura un obbligo legale nei confronti del paziente

Secondo il Tribunale, dal punto di vista della struttura sanitaria,

“è indubbio che l’ente risponde della “insufficiente resa” della prestazione al pubblico secondo i canoni della responsabilità contrattuale… aziende sanitarie, aziende ospedaliere, istituti ed enti sanitari anche solo convenzionati hanno non solo il “dovere istituzionale” ma anche “l’obbligo legale” della resa della miglior prestazione sanitaria a chi, rivoltosi al servizio, sia titolare del corrispondente diritto”.

Dal punto di vista della responsabilità del singolo dermatologo, il Giudice osserva che la constatazione di una “certa capacità mimetica anti-diagnostica” del male, confermata dal successivo esito istologico, non esclude la responsabilità per negligenza diagnostica del medico stesso. Resta infatti fermo

“l’onere di dimostrare che tale difficoltà fosse eccedente il livello medio richiesto nella resa della prestazione da parte di un ente specializzato in malattie neoplastiche”,

onere a carico del medico e che non risulta essere stato soddisfatto nel caso in commento.

In merito al grado di diligenza richiesta al medico nell’adempimento dei suoi doveri, ricordo che “dal medico di alta specializzazione ed inserito in una struttura di eccellenza è esigibile una diligenza più elevata di quella esigibile, dinanzi al medesimo caso clinico, da parte del medico con minore specializzazione od inserito in una struttura meno avanzata” (Tribunale di Bergamo, sentenza n. 2489 del 4 ottobre 2017). Sul tema specifico si veda anche il mio precedente post “La diligenza del medico? Varia in base al grado di specializzazione e di efficienza della struttura”.

In che termini è risarcibile il danno da omessa diagnosi

La sentenza conclude dunque come segue:

“Il paziente ha diritto ad una corretta diagnosi e ad una corretta informazione che lo renda in grado di configurare la propria vita sulla base di una reale visione della sua evoluzione biologica.
Negare il suddetto diritto, anche per colpa, è un illecito in sé e va risarcito comunque… qui si ha violazione del diritto a conoscere un gravissimo pericolo ed a fare subito quanto possibile per contrastarlo, anche se senza garanzia alcuna di successo, anche se solo al fine di esser soggettivamente certi di aver tentato al meglio la resistenza al male”.

Secondo il Tribunale di Genova, in caso di omessa o negligente diagnosi del medico che non abbia avuto un concreto impatto sulla salute del paziente, si configura dunque un danno da omessa informazione, idoneo ad incidere sul diritto di autodeterminazione del paziente e cioè sul suo diritto di decidere se e come condurre la propria esistenza, anche nella fase terminale della malattia.

Sulla base di queste premesse, la dermatologa è stata condannato a risarcire agli eredi della paziente un danno liquidato equitativamente, considerato il particolare atteggiarsi della vicenda, in Euro 30.000,00.

 

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[Tribunale di Genova, n. 939 del 4 aprile 2017]

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Avv. Elena Bassan

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